DSA e rifiuto del PDP da parte dei genitori

Promemoria primo messaggio :

Nella mia scuola secondaria di secondo grado i genitori di un alunno di classe prima mi hanno mostrato la diagnosi di DSA del figlio "solo per informarmi" ma chiedendomi di non utilizzare nessuno strumento per facilitare l'apprendimento. Il ragazzo "ce l'ha sempre fatta da solo" e per questo non vogliono assolutamente la redazione del PDP che rischierebbe, secondo loro, di etichettare come "diverso" il proprio figlio. Ho cercato di far capire loro l'importanza di un piano didattico personalizzato e dell'adozione di misure e strumenti adeguati nella massima discrezione possibile per facilitare il perseguimento degli obiettivi disciplinari in modo sereno. Come dobbiamo comportarci noi docenti? Siamo tenuti ugualmente a redigere un pdp in presenza di una diagnosi di DSA? Ci sono riferimenti normativi al riguardo? Grazie infinite

Però l'obbligo di richiamare uno studente all'impegno di frequenza scolastica esiste comunque, indipendentemente dai problemi psicologici.

Se un alunno al di sotto dei 16 anni smette di venire a scuola (e non necessariamente per problemi gravi, ma semplicemente perché "non vuole"), la scuola non può fare finta di niente: ha l'obbligo di cercarlo, di convocare la famiglia, di sollecitarlo a tornare, di spiegare chiaramente quali possono essere le conseguenze, di inviare comunicazioni scritte e protocollate per dimostrare di averlo fatto... 

E nei casi più estremi, se nulla di tutto questo sorte qualche effetto, la scuola sarebbe anche tenuta a segnalare la cosa ai servizi sociali o alle autorità del comune, che possono anche contestare qualche addebito ai genitori (non necessariamente penale, ma di illecito amministrativo sì), perché sono i genitori ad avere l'obbligo di occuparsi dell'istruzione del figlio e di verificare che gli impegni scolastici siano assolti.

Non ci si può limitare a prendere atto che lo studente "non ha voglia di venire a scuola, affari suoi" o che "alla famiglia va bene tenerselo a casa, e allora va bene a tutti" .

Se poi la famiglia vuole fare una scelta consapevole di educazione parentale a casa (il che è lecito), che muova le chiappe e produca tutta la documentazione necessaria, dimostrando di provvedere personalmente all'istruzione del figlio garantendogli un programma didattico equiparato a quello previsto nella scuola. Se invece non vuole affatto istruirlo a casa, ma vuole semplicemente "non mandarlo a scuola" strafregandosene della sua istruzione, allora mi pare normale che li si vada a cercare e li si solleciti...

ushikawa ha scritto:E' quello che ho detto: se c'è la certificazione (che è una cosa diversa e più corposa della semplice diagnosi) il consiglio di classe è obbligato a redigere e applicare il PDP, anche se non accettato e non firmato dai genitori.
Mi risulta però difficile capire perché una famiglia spenda tanti soldi e aspetti tanto tempo per ottenere la certificazione che le dà diritto al PDP per poi rifiutare quest'ultimo.

Possono rifiutare alcune misure o strumenti e su questo nella mia breve esperienza si cerca di mediare. A volte temono che i figli vengano bollati. Oppure non si rendono conto o hanno una visione del figlio molto lontana da quella a scuola.

Io invece non sono affatto convinta che si possa fare e attuare un PDP senza l'approvazione dei genitori (e tantomeno, che lo si DEBBA fare in determinate circostanze).

Ora, so benissimo che possono esistere situazioni estreme di marginalità sociale e culturale tali che con i genitori non si possa nemmeno parlare, quindi capisco perfettamente che il problema etico possa esistere... ma in questo momento non ne faccio un problema etico, bensì strettamente normativo: è possibile che un PDP senza la firma della famiglia (cioè, fatto all'insaputa della famiglia, o addirittura con l'esplicita dichiarazione della famiglia di essere contraria e di non volerlo) sia valido?

E non potrebbe succedere esattamente il contrario, ossia che la famiglia viene a scoprire che è stato fatto un PDP senza il loro consenso, si offende a morte, pianta una contestazione che la metà basta, e un tribunale le dà pure ragione?

circo ha scritto:

ushikawa ha scritto:E' quello che ho detto: se c'è la certificazione (che è una cosa diversa e più corposa della semplice diagnosi) il consiglio di classe è obbligato a redigere e applicare il PDP, anche se non accettato e non firmato dai genitori.
Mi risulta però difficile capire perché una famiglia spenda tanti soldi e aspetti tanto tempo per ottenere la certificazione che le dà diritto al PDP per poi rifiutare quest'ultimo.

Possono rifiutare alcune misure o strumenti e su questo nella mia breve esperienza si cerca di mediare. A volte temono che i figli vengano bollati. Oppure non si rendono conto o hanno una visione del figlio molto lontana da quella a scuola.

Meglio: meno strumenti sono previsti è meglio è. Neanche il consiglio di classe può, per uno sciatto copia-incolla, obbligare l'alunno, ad esempio, ad usare il computer e svolgere le verifiche in maniera palesemente diversa dai compagni. Il problema si pone quando la famiglia chieda qualcosa in più non necessario e controproducente (es calcolatrice per disgrafico puro)

paniscus_2.0 ha scritto:Io invece non sono affatto convinta che si possa fare e attuare un PDP senza l'approvazione dei genitori (e tantomeno, che lo si DEBBA fare in determinate circostanze).

Ora, so benissimo che possono esistere situazioni estreme di marginalità sociale e culturale tali che con i genitori non si possa nemmeno parlare, quindi capisco perfettamente che il problema etico possa esistere... ma in questo momento non ne faccio un problema etico, bensì strettamente normativo: è possibile che un PDP senza la firma della famiglia (cioè, fatto all'insaputa della famiglia, o addirittura con l'esplicita dichiarazione della famiglia di essere contraria e di non volerlo) sia valido?

E non potrebbe succedere esattamente il contrario, ossia che la famiglia viene a scoprire che è stato fatto un PDP senza il loro consenso, si offende a morte, pianta una contestazione che la metà basta, e un tribunale le dà pure ragione?

Questo è un problema ulteriore: fatto sta che l'obbligo, nel caso di certificazione presentata, esiste.

Nei casi estremi di BES ai quali facciamo riferimento, io credo che la scuola abbia anche il diritto di agire in autotutela. Metti che il ragazzino iperattivo violento picchi un compagno in classe e i genitori del danneggiato chiedano spiegazioni alla scuola, imputandole di non aver approntato non solo le misure di sicurezza, ma neanche quelle didattiche in grado di favorire l'integrazione scolastica del violento. In quel caso, a buon senso, è bene che la scuola dimostri di averci quanto meno provato.

ushikawa ha scritto:Meglio: meno strumenti sono previsti è meglio è. Neanche il consiglio di classe può, per uno sciatto copia-incolla, obbligare l'alunno, ad esempio, ad usare il computer e svolgere le verifiche in maniera palesemente diversa dai compagni. Il problema si pone quando la famiglia chieda qualcosa in più non necessario e controproducente (es calcolatrice per disgrafico puro)

Io posso assicurare di aver visto una collega invasata di dottrina assolutistica sui dsa, in una seduta del consiglio di classe per la stesura del pdp... investire di critiche e di accuse una coppia di genitori tranquillissimi e consapevolissimi, perché secondo lei era colpa loro, che non avevano fatto abbastanza per costringere il figlio a usare il computer.

Cioè, il ragazzo usava regolamente il computer a casa, come tutti, ma preferiva non portarselo a scuola, per scelta propria.

E non perché fosse prevenuto contro l'uso del computer a scuola... ma al contrario, perchè ci aveva liberamente provato, ma ci si era trovato male, e quindi aveva scelto di rinunciarvi, con la massima consapevolezza, perchè pensava di riuscire meglio senza. E i genitori, intelligentemente, avevano appoggiato la sua scelta.

Il che mi sembra abbastanza ovvio: a meno che uno non abbia fatto un corso apposito di dattilografia e di videoscrittura, la battitura sui tasti è ancora meno naturale rispetto alla scrittura a mano, perché normalmente si apprende più tardi e con più sovrastrutture mentali già consolidate.

Quindi, se un ragazzo dislessico o disgrafico è LENTO a scrivere a mano, a maggior ragione sarà ancora più lento a scrivere su una tastiera... perché bene o male la scrittura a mano la conosce da parecchi anni, anche se non gli riesce benissimo, mentre quella a tastiera comporta uno sforzo di concentrazione in più e la padronanza di uno strumento in più!

Ma no, a questa missionaria strenua la cosa non andava bene: secondo lei, era impossibile che il ragazzo si fosse trovato male col computer, perchè lo sanno tutti che il computer è una mano santa che facilita il lavoro a chiunque, e non è possibile che qualcuno ci si trovi male davvero... e quindi insisteva a fare pressioni sui genitori, perchè dovevano convincere il figlio a usarlo a tutti i costi. Oppure, almeno, dovevavno sottoporlo a qualche indagine psicologica approfondita per scoprire il "vero" motivo per cui non voleva usarlo, che doveva essere per forza qualcosa di inconscio, recondito e disturbante (ad esempio, che si vergognasse davanti ai compagni, oppure che non avesse capito di averne diritto, o roba del genere).

Il fatto BANALE che ci avesse provato, non ci si fosse trovato bene, e non gli importasse niente di continuare, per lei non era una spiegazione plausibile.

Aggiungo che si tratta anche della classica signora con formazione umanistica che a sua volta il computer non lo sa usare, e che lo usa di malavoglia il meno possibile; e che proprio per questo vi proietta sopra dei poteri straordinari che il computer non ha affatto. Siccome lei non ne sa quasi niente, e non è abituata a usarlo, pensa davvero che il computer sia una macchina miracolosa che "fa tutto da sola al posto degli umani"...

Che poi, diciamoci la verita: ma tutti questi esaltati provenienti da percorsi di formazione umanistica, cosa conservano di umanistico, oltre a una certa ignoranza su temi matematici, logici e tecnologici? A mio avviso poco, visto che pensano che un problema si risolva essenzialmente con una tecnica (sia essa la tecnologia di un computer o una metodologia didattica) e non attraverso una relazione.